217. Non vi guardate tanto di farvi inimici o di fare dispiacere a altri, che per questo lasciate di fare quello che vi si appartiene; perché el fare l'uomo el debito suo gli dá riputazione, e questa giova piú, che non nuoce el farsi qualche inimico. Bisogna o essere morto in questo mondo, o fare talvolta cose che offendono altri; ma la medesima virtú che è di sapere collocare bene e' piaceri, si truova in sapere cognoscere quando s'hanno a fare e' dispiaceri; cioè fargli con ragione, con tempo, con modestia e per cagione e con modi onorevoli.
218. Quegli uomini conducono bene le cose loro in questo mondo, che hanno sempre innanzi agli occhi lo interesse proprio, e tutte le azione sue misurano con questo fine, ma la fallacia è in quegli che non cognoscono bene quale sia lo interesse suo, cioè che reputano che sempre consista in qualche commodo pecuniario piú che nell'onore, nel sapere mantenersi la riputazione ed el buono nome.
219. È ingenuitá, chi è stato autore di una deliberazione, o affermata una opinione, se innanzi ne vegga l'esito muta per qualche segno sentenzia, confessarlo liberamente; pure quando non è in sua potestá, o non appartiene a lui el correggerla, si conserva piú la riputazione a fare el contrario; perché ridicendosi non può piú se non perdere di riputazione, perché sempre succederá el contrario di quello che ha detto o nel principio o innanzi al fine; dove stando in sulla opinione prima, riuscirá pure veridico in caso che quella succedessi, la quale può ancora succedere.
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Ricordi
di Francesco Guicciardini
pagine 100 |
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