Considerava profondamente dovere avere la guerra con inimici bellicosissimi e potentissimi, e molto superiori a sé di cavalleria, di peditato, d'armate marittime, di artiglierie, di danari e d'uomini ardentissimi a esporsi a ogni pericolo per la gloria e grandezza del proprio re; a sé, per contrario, sospetta ogni cosa, pieno il regno quasi tutto o di odio grande contro al nome aragonese o di inclinazione non mediocre a rebelli suoi, del resto la maggiore parte cupida per l'ordinario di nuovi re, e nella quale avesse a potere piú la fortuna che la fede, ed essere maggiore la riputazione che il nervo delle sue cose; non bastare i danari accumulati alle spese necessarie per la difesa, e empiendosi per la guerra ogni cosa di ribellione e di tumulti annichilarsi in uno momento l'entrate. Avere in Italia molti inimici, niuna amicizia stabile e fidata; perché chi non era stato offeso, in qualche tempo, o dalle armi o dalle arti sue? Né di Spagna, secondo l'esempio del passato e le condizioni di quel regno, potere aspettare altri aiuti a' suoi pericoli che larghissime promesse e fama grandissima di apparati ma effetti piccolissimi e tardissimi. Accrescevangli il timore molte predizioni infelici alla casa sua, venutegli a notizia in diversi tempi, parte per scritture antiche ritrovate di nuovo parte per parole d'uomini, incerti spesso del presente ma che si arrogano certezza del futuro; cose nella prosperità credute poco, come cominciano a apparire l'avversità credute troppo. Angustiato da queste considerazioni, e presentandosegli maggiore senza comparazione la paura che le speranze, conobbe non essere altro rimedio a tanti pericoli che o il rimuovere, quanto piú presto si poteva, con qualche concordia, la mente del re di Francia da questi pensieri o levargli parte de' fondamenti che lo incitavano alla guerra.
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