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      I Visconti, gentiluomini di Milano, nelle parzialità sanguinosissime che ebbe Italia de' ghibellini e de' guelfi, cacciati finalmente i guelfi, diventorno (è questo quasi sempre il fine delle discordie civili), di capi di una parte di Milano, padroni di tutta la città; nella quale grandezza avendo continuato molti anni, cercorono, secondo il progresso comune delle tirannidi (perché quello che era usurpazione paresse ragione), di corroborare prima con legittimi colori e dipoi di illustrare con amplissimi titoli la loro fortuna. Però, ottenuto dagli imperadori, de' quali Italia cominciava già a conoscere piú il nome che la possanza, prima il titolo di capitani poi di vicari imperiali, all'ultimo Giovan Galeazzo, il quale, per avere ricevuto la contea di Virtus da Giovanni re di Francia suo suocero, si chiamava il conte di Virtú, ottenne da Vincislao re de' romani, per sé e per la sua stirpe mascolina, la degnità di duca di Milano; nella quale gli succederono, l'uno dopo l'altro, Giovan Maria e Filippo Maria suoi figliuoli. Ma finita la linea mascolina per la morte di Filippo, benché egli avesse nel testamento suo instituito erede Alfonso re d'Aragona e di Napoli, mosso dall'amicizia grandissima la quale, per la liberazione sua, aveva contratta seco, e molto piú perché il ducato di Milano, difeso da principe sí potente, non fusse occupato da' viniziani, i quali già manifestamente v'aspiravano, nondimanco Francesco Sforza, capitano in quella età valorosissimo né minore nell'arte della pace che della guerra, aiutato da molte occasioni che allora concorsono, e non meno dall'avere stimato piú il regnare che l'osservanza della fede, occupò con l'armi quel ducato come appartenente a Bianca Maria sua moglie, figliuola naturale di Filippo; ed è fama che e' potette ottenerne poi, con non molta quantità di danari, l'investitura da Federigo imperatore, ma che, confidando di potere con le medesime arti conservarlo con le quali l'aveva guadagnato, la dispregiò. Cosí senza investitura continuò Galeazzo suo figliuolo, e continuava Giovan Galeazzo suo nipote: onde Lodovico, in uno medesimo tempo scelerato contro al nipote vivo e ingiurioso contro alla memoria del padre e del fratello morti, affermando non essere stato alcuno di essi legittimo duca di Milano, se ne fece come di stato devoluto allo imperio investire da Massimiliano, intitolandosi per questa ragione non settimo ma quarto duca di Milano.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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