Al pontefice, ricordato gli antichi meriti e la continua divozione della casa di Francia verso la sedia apostolica, delle quali cose erano piene tutte le memorie antiche e moderne, la contumacia e spesse inubbidienze degli Aragonesi, domandorono la investitura del regno di Napoli nella persona di Carlo, come giuridicamente dovutagli; proponendo molte speranze e facendo molte offerte quando fusse propizio a questa impresa, la quale non meno per le persuasioni e autorità sua che per altra cagione era stata deliberata. Alla quale domanda rispose il pontefice che, essendo la investitura di quello reame conceduta da tanti suoi antecessori successivamente a tre re della casa di Aragona, perché nella investitura fatta a Ferdinando nominatamente si comprendeva Alfonso, non era conveniente concederla a Carlo, insino a tanto che per via di giustizia non fusse dichiarato che egli avesse migliori ragioni; alle quali la investitura fatta a Alfonso pregiudicato non avere, perché, per questa considerazione, vi era stato specificato che ella s'intendesse senza pregiudicio di persona. Ricordò il regno di Napoli essere di dominio diretto della sedia apostolica, l'autorità della quale non si persuadeva che il re, contro allo instituto de' suoi maggiori, che sempre ne erano stati precipui difensori, volesse violare, come violerebbe assaltandolo di fatto. Convenire piú alla sua degnità e bontà, pretendendovi ragione, cercarla per via della giustizia, la quale, come signore del feudo e solo giudice di questa causa, si offeriva parato ad amministrargli; né dove
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