Mandò ancora imbasciadori in Costantinopoli, a dimandare aiuto, come in pericolo comune, a Baiseto ottomano principe de' turchi, per quello che della intenzione di Carlo di passare in Grecia, vinto che avesse lui, si divulgava; il quale pericolo sapeva non essere da Baiseto disprezzato, perché, per la memoria delle espedizioni fatte ne' tempi passati in Asia contro agli infedeli dalla nazione franzese, non era piccolo il timore che i turchi avevano delle armi loro.
Le quali cose mentre che da ogni parte si sollecitano, il papa mandò le genti sue a Ostia, sotto il governo di Niccola Orsino conte di Pitigliano, porgendogli aiuto Alfonso per terra e per mare; e avendo presa senza difficoltà la terra e cominciato a percuotere con l'artiglierie la rocca, il castellano, per interposizione di Fabrizio Colonna e consentendo Giovanni della Rovere prefetto di Roma fratello del cardinale di San Piero in Vincola, dopo non molti dí la dette, con patto che il pontefice non perseguitasse, né con le censure né con l'armi, il cardinale né il prefetto, se non gli fussino date da loro nuove cagioni; e a Fabrizio, in cui mano il cardinale aveva lasciato Grottaferrata, fu permesso che, pagando al papa diecimila ducati, continuasse di possederla con le medesime ragioni.
Ma Lodovico Sforza, al quale il cardinale aveva, quando passò da Savona, manifestato quel che occultamente, per consiglio e mezzo suo, trattava Alfonso co' fuorusciti di Genova, dimostrato a Carlo quanto grande impedimento ne risulterebbe a' disegni suoi, lo indusse a ordinare di mandare a Genova dumila svizzeri e a fare passare subito in Italia trecento lancie, acciocché sotto il governo di Obigní, il quale, ritornato da Roma, si era per comandamento del re fermato a Milano, fussino pronte e ad assicurare la Lombardia e a passare piú avanti se la necessità o l'occasione lo ricercassino; congiugnendosi con loro cinquecento uomini d'arme italiani, condotti nel tempo medesimo agli stipendi del re sotto Giovanfrancesco da San Severino conte di Gaiazzo, Galeotto Pico conte della Mirandola e Ridolfo da Gonzaga, e cinquecento altri i quali era obligato a dargli il duca di Milano.
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