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      Perché la pecunia che aveva raccolta prima, delle entrate di Francia, e quella che gli era stata prestata da Lodovico, n'aveva spesa parte nelle armate di mare, nelle quali si collocava da principio speranza grande della vittoria, parte, innanzi si movesse da Lione, donata inconsideratamente a varie persone; né essendo allora i príncipi pronti a estorquere danari da' popoli, come dipoi, conculcando il rispetto di Dio e degli uomini, ha insegnato l'avarizia e le immoderate cupidità, non gli era facile l'accumularne di nuovo. Tanto piccoli furono gli ordini e i fondamenti di muovere una guerra cosí grave! guidandolo piú la temerità e l'impeto che la prudenza e il consiglio. Ma come spesso accade che, quando si viene a dare principio all'esecuzione delle cose nuove, grandi e difficili, benché già deliberate, si rappresentano pure all'intelletto degli uomini le ragioni le quali si possono considerare in contrario; essendo il re in procinto di partirsi, anzi camminando già verso i monti le genti d'arme, sorse uno grave mormorío per tutta la corte, mettendo in considerazione chi le difficoltà ordinarie di tanta impresa, chi il pericolo della infedeltà degli italiani, e sopra tutti gli altri di Lodovico Sforza, ricordando l'avviso venuto da Firenze delle sue fraudi (e per avventura tardavano ad arrivare certi danari che s'aspettavano da lui): in modo che non solo contradicevano audacemente (come interviene quando pare che 'l consiglio si confermi dall'evento delle cose) quegli che avevano sempre dannata questa impresa; ma alcuni di coloro che ne erano stati principali confortatori, e tra gli altri il vescovo di San Malò, cominciorno non mediocremente a vacillare: e ultimatamente, pervenuto agli orecchi del re questo romore, fece movimento tale in tutta la corte e nella mente sua medesima, e tale inclinazione di non procedere piú oltre, che subito comandò che le genti si fermassino; e perciò molti signori i quali già erano in cammino publicandosi essere deliberato che piú non si passasse in Italia, se ne ritornorono alla corte.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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