Non ha permesso l'infelicità della casa nostra che io possa ricôrre questo frutto molto piú onorato che l'essere re, perché il regnare depende spesso dalla fortuna ma l'essere re che si proponga per unico fine la salute e la felicità de' popoli suoi depende solamente da se medesimo e dalla propria virtú. Sono le cose nostre ridotte in angustissimo luogo, e potremo piú presto lamentarci noi d'avere perduto il reame per la infedeltà e poco valore de' capitani e eserciti nostri che non potranno gloriarsi gl'inimici d'averlo acquistato per propria virtú; e nondimeno non saremmo privi del tutto di speranza se ancora qualche poco di tempo ci sostenessimo, perché e da' re di Spagna e da tutti i príncipi d'Italia si prepara potente soccorso, essendosi aperti gli occhi di coloro i quali non avevano prima considerato lo incendio, il quale abbrucia il reame nostro, dovere, se non vi proveggono, aggiugnere similmente agli stati loro; e almeno a me non mancherebbe l'animo di terminare insieme il regno e la vita con quella gloria che si conviene a uno re giovane, disceso per sí lunga successione di tanti re, e all'espettazione che insino a ora avete tutti avuta di me. Ma perché queste cose non si possono tentare senza mettere la patria comune in gravissimi pericoli, sono piú tosto contento di cedere alla fortuna, di tenere occulta la mia virtú, che per sforzarmi di non perdere il mio regno essere cagione di effetti contrari a quel fine per il quale avevo desiderato di essere re. Consiglio e conforto voi che mandiate a prendere accordo col re di Francia, e perché possiate farlo senza macula dell'onore vostro, v'assolvo liberamente dall'omaggio e dal giuramento che pochi dí sono mi faceste; e vi ricordo che con l'ubbidienza e con la prontezza del riceverlo vi sforziate di mitigare la superbia naturale de' franzesi.
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