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      Il primo è che tutti i magistrati e uffici, cosí per la città come per il dominio, siano distribuiti, tempo per tempo, da uno consiglio universale di tutti quegli che secondo le leggi nostre sono abili a partecipare del governo; senza l'approvazione del quale consiglio leggi nuove non si possino deliberare. Cosí non essendo in potestà di privati cittadini, né d'alcuna particolare cospirazione o intelligenza, il distribuire le degnità e le autorità, non ne sarà escluso alcuno né per passione né a beneplacito d'altri, ma si distribuiranno secondo le virtú e secondo i meriti degli uomini; e però bisognerà che ciascuno si sforzi, con le virtú co' costumi buoni col giovare al publico e al privato, aprirsi la via agli onori; bisognerà che ciascuno s'astenga da' vizi, dal nuocere ad altri, e finalmente da tutte le cose odiose nelle città bene instituite: né sarà in potestà d'uno o di pochi, con nuove leggi o con l'autorità d'un magistrato, introdurre altro governo, non si potendo alterare questo se non di volontà del consiglio universale. Il secondo fondamento principale è che le deliberazioni importanti, cioè quelle che appartengano alla pace e alla guerra, alla esaminazione di leggi nuove, e generalmente tutte le cose necessarie alla amministrazione d'una città e dominio tale, si trattino da' magistrati preposti particolarmente a questa cura, e da uno consiglio piú scelto di cittadini esperimentati e prudenti che si deputi dal consiglio popolare; perché non cadendo nello intelletto d'ognuno la cognizione di queste faccende, bisogna sieno governate da quegli che n'hanno la capacità; e ricercando spesso prestezza o secreto, non si possono né consultare né deliberare con la moltitudine.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094