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      E però, essendosi ventilata questa materia in molte consulte, fu finalmente determinato che e' si facesse uno consiglio di tutti i cittadini, non vi intervenendo, come in molte parti d'Italia si divulgò, la feccia della plebe ma solamente coloro che per le leggi antiche della città erano abili a partecipare del governo; nel qual consiglio non s'avesse a trattare o a disporre altro che eleggere tutti i magistrati per la città e per il dominio, e confermare i provedimenti de' danari, e tutte le leggi ordinate prima ne' magistrati e negli altri consigli piú stretti. E acciocché si levassino l'occasioni delle discordie civili, e si assicurassino piú gli animi di ciascuno, fu per publico decreto proibito, seguitando in questo l'esempio degli ateniesi, che de' delitti e delle trasgressioni commesse per il passato circa le cose dello stato non si potesse riconoscere. In su' quali fondamenti si sarebbe forse costituito un governo ben regolato e stabile se si fussino, nel tempo medesimo, introdotti tutti quegli ordini che caddono, insino allora, in considerazione degli uomini prudenti: ma non si potendo queste cose deliberare senza consenso di molti, i quali per la memoria delle cose passate erano pieni di sospetto, fu giudicato che per allora si costituisse il consiglio grande, come fondamento della nuova libertà; rimettendo, a fare quel che mancava, all'occasione de' tempi e quando l'utilità publica fusse, mediante la esperienza, conosciuta da quegli che non erano capaci di conoscerla mediante la ragione e il giudicio.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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