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      Però aveva desiderato che Carlo trovasse nel dominio de' fiorentini maggiore difficoltà; e veduto essergli stato facilissimo il congiugnersi quella republica, e che con la medesima facilità aveva superato l'opposizione del pontefice, e che senza intoppo alcuno entrava nel regno di Napoli, gli pareva ogni dí tanto maggiore il suo pericolo quanto riusciva maggiore e piú facile il corso della vittoria de' franzesi. Il medesimo timore cominciava a occupare l'animo del senato viniziano; il quale, essendo perseverato nella prima deliberazione di conservarsi neutrale, si era con tanta circospezione astenuto non solo da i fatti ma da tutte le dimostrazioni che lo potessino fare sospetto di maggiore inclinazione all'una parte che all'altra che, avendo eletti imbasciadori al re di Francia Antonio Loredano e Domenico Trivisano, non però prima che quando intese che aveva passato i monti, aveva tardato tanto a mandargli che 'l re prima di loro era arrivato in Firenze. Ma vedendo poi l'impeto di tanta prosperità, e che il re come un folgore, senza resistenza alcuna, per tutta Italia discorreva, cominciò a riputare pericolo proprio il danno alieno e a temere che alla ruina degli altri avesse a essere congiunta la sua; e massime che l'avere Carlo occupata Pisa e l'altre fortezze de' fiorentini, lasciata guardia in Siena e fatto poi il medesimo nello stato della Chiesa, pareva segno pensasse piú oltre che solamente al regno napoletano. Però prontamente prestò gli orecchi alle persuasioni di Lodovico Sforza; il quale, subito che a Carlo cederono i fiorentini, aveva cominciato a confortare che insieme con lui rimediassino a' pericoli comuni.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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