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      Aggiugnevasi il fasto naturale de' franzesi, accresciuto per la facilità della vittoria, per la quale tanto di se stessi conceputo aveano che teneano tutti gl'italiani in niuna estimazione; la insolenza e impeto loro nell'alloggiare, non manco in Napoli che nell'altre parti del regno dove erano distribuite le genti d'arme, le quali per tutto facevano pessimi trattamenti: in modo che l'ardente desiderio che avevano avuto gli uomini di loro era già convertito in ardente odio; e per contrario, in luogo dell'odio contro agli Aragonesi era sottentrata la compassione di Ferdinando, l'espettazione avutasi sempre generalmente della sua virtú, la memoria di quel dí che con tanta mansuetudine e costanza avea, innanzi si partisse, parlato a' napoletani. Donde e quella città e quasi tutto il reame non con minore desiderio aspettavano occasione di potere richiamare gli Aragonesi che pochissimi mesi innanzi avessino desiderato la loro distruzione. Anzi già cominciava a essere grato il nome tanto odioso d'Alfonso, chiamando giusta severità quella che, insino quando vivente il padre attendeva alle cose domestiche del regno, solevano chiamare crudeltà, e sincerità d'animo veridico quella che molt'anni avevano chiamata superbia e alterezza. Tale è la natura de' popoli, inclinata a sperare piú di quel che si debbe e a tollerare manco di quel ch'è necessario, e ad avere sempre in fastidio le cose presenti; e specialmente degli abitatori del regno di Napoli, i quali tra tutti i popoli d'Italia sono notati di instabilità e di cupidità di cose nuove.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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