Andorono con Carlo ottocento lancie franzesi e dugento gentil'uomini della sua guardia, il Triulzio con cento lancie tremila fanti svizzeri mille franzesi e mille guasconi; e con ordine che in Toscana seco si unissino Cammillo Vitelli e i fratelli con dugento cinquanta uomini d'arme, e che l'armata di mare se ne ritornasse verso Livorno.
Seguitorono il re, non con altra guardia che data la fede di non partirsi senza licenza, Verginio Orsino e il conte di Pitigliano. La causa de' quali, perché si querelavano non essere stati fatti giustamente prigioni, era stata prima commessa al consiglio reale; innanzi al quale avevano allegato che al tempo che s'arrenderono era già stato agli uomini mandati da loro non solo conceduto per la bocca propria del re il salvocondotto, ma eziandio ridotto in scrittura e sottoscritto dalla sua mano; e che avendone ricevuto avviso da' suoi che aspettavano l'espedizione de' secretari, avevano, sotto questa fidanza, al primo araldo che andò a Nola, alzato le bandiere del re, e al primo capitano, il quale aveva seco pochissimi cavalli, consegnato le chiavi: non ostante che, avendo con loro piú di quattrocento uomini d'arme, avessino facilmente potuto resistere. Raccontavano l'antica divozione della famiglia degli Orsini, la quale avendo sempre tenuta la parte guelfa, aveano, e loro e chiunque era mai nato o nascerebbe di quella casa, scolpito nel cuore il nome e il segno della corona di Francia. Da questo essere proceduto l'avere con tanta prontezza ricevuto il re negli stati loro di terra di Roma.
| |
Carlo Triulzio Toscana Cammillo Vitelli Livorno Verginio Orsino Pitigliano Nola Orsini Francia Roma
|