Ed era l'alloggiamento de' collegati fortificato con fossi e con ripari, e abbondante d'artiglierie: innanzi al quale i franzesi, volendo ridursi nello astigiano, e però passando il Taro accanto a Fornuovo, erano necessitati di passare, non restando in mezzo tra loro altro che 'l fiume. Stette tutta la notte l'esercito franzese con non mediocre travaglio, perché per la diligenza degli italiani, che facevano correre gli stradiotti insino in sullo alloggiamento, si gridava spesso all'arme nel campo loro, che tutto si sollevava a ogni strepito, e perché sopravenne una repentina e grandissima pioggia mescolata con spaventosi folgori e tuoni e con molte orribili saette, la quale pareva che facesse pronostico di qualche tristissimo accidente; cosa che commoveva molto piú loro che l'esercito italiano, non solo perché, essendo in mezzo delle montagne e degli inimici, e in luogo dove avendo qualche sinistro non restava loro speranza alcuna di salvarsi, erano ridotti in molto maggiore difficoltà, e perciò avevano giusta cagione d'avere maggiore terrore, ma ancora perché pareva piú verisimile che i minacci del cielo, non soliti a dimostrarsi se non per cose grandi, accennassino piú presto a quella parte dove si ritrovava la persona d'un re di tanta degnità e potenza.
La mattina seguente, che fu il dí sesto di luglio, cominciò a l'alba a passare il fiume l'esercito franzese, precedendo la maggior parte dell'artiglierie seguitate dall'antiguardia; nella quale il re, credendo che contro a quella avesse a volgersi l'impeto principale degl'inimici, aveva messo trecento cinquanta lancie franzesi, Gianiacopo da Triulzio con le sue cento lancie, e tremila svizzeri che erano il nervo e la speranza di quello esercito, e con questi a piede Engiliberto fratello del duca di Cleves e il baglí di Digiuno che gli aveva condotti: a' quali aggiunse il re a piede trecento arcieri e alcuni balestrieri a cavallo delle sue guardie, e quasi tutti gli altri fanti che aveva seco.
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