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      Accendeva gli animi de' franzesi la presenza e il pericolo del re, perché non altrimenti, appresso a quella nazione, per inveterata consuetudine, è venerabile la maestà de' re che si adori il nome divino, l'essere in luogo che con la vittoria sola potevano sperare la loro salute; accendeva gli animi degli italiani la cupidità della preda, la ferocia e l'esempio del marchese, l'avere cominciato a combattere con prospero successo, il numero grande del loro esercito per il quale aspettavano soccorso da molti de' suoi; cosa che non speravano i franzesi, perché le genti loro o erano mescolate tutte nel fatto d'arme o veramente aspettavano a ogn'ora di essere assaltate dagli inimici. Ma è grandissima (come ognuno sa) in tutte l'azioni umane la potestà della fortuna, maggiore nelle cose militari che in qualunque altra, ma inestimabile immensa infinita ne' fatti d'arme; dove uno comandamento male inteso, dove una ordinazione male eseguita, dove una temerità, una voce vana, insino d'uno piccolo soldato, traporta spesso la vittoria a coloro che già parevano vinti; dove improvisamente nascono innumerabili accidenti i quali è impossibile che siano antiveduti o governati con consiglio del capitano. Però in tanta dubietà, non dimenticatasi del costume suo, operò quello che per ancora non operava né la virtú degli uomini né la forza dell'armi. Perché avendo gli stradiotti, mandati ad assaltare i carriaggi de' franzesi, cominciato senza difficoltà a mettergli in preda, e attendendo a condurre chi muli chi cavalli chi altri arnesi di là dal fiume, non solo quell'altra parte degli stradiotti che era destinata a percuotere i franzesi per fianco, ma quegli ancora che già erano entrati nel fatto d'arme, vedendo i compagni suoi ritornarsene agli alloggiamenti carichi di spoglie, incitati dalla cupidità del guadagno, si voltorono a rubare i carriaggi; l'esempio de' quali seguitando i cavalli e i fanti, uscivano per la medesima cagione a schiere della battaglia: donde mancando agli italiani non solo il soccorso ordinato ma inoltre diminuendosi con tanto disordine il numero de' combattenti, né movendosi Antonio da Montefeltro, perché, per la morte di Ridolfo da Gonzaga che aveva la cura, quando fusse il tempo, di chiamarlo, niuno lo chiamava, cominciorno a pigliare tanto di campo i franzesi che niuna cosa piú sostentava gli italiani, che già manifestamente declinavano, che 'l valore del marchese; il quale combattendo fortissimamente sosteneva ancora l'impeto degli inimici, accendendo i suoi, ora con l'esempio suo ora con voci caldissime, a volere piú tosto essere privati della vita che dell'onore.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





Antonio Montefeltro Ridolfo Gonzaga