Ed era grande appresso a Carlo la sua autorità, parte per lo ingegno e valore suo, parte perché facilmente da' príncipi sono riputati savi quegli consigli che si conformano piú alla loro inclinazione. Fu adunque stipulata la pace, la quale non prima giurata dal duca di Milano, il re, tutto intento al ritorno di Francia, se ne andò subito a Turino; sollecitato anche al partirsi da Vercelli perché quella parte de' svizzeri che era nel campo suo, per assicurarsi d'avere lo stipendio per tre mesi interi, come dicevano avere sempre osservato seco Luigi undecimo, con tutto che e' non fusse stato loro promesso, e che non avessino militato tanto tempo per lui, trattavano di ritenere o il re o i principali della sua corte: dal quale pericolo benché liberatosi con la súbita partita, nondimeno, avendo essi fatto prigioni il baglí di Digiuno e gli altri capi che gli avevano condotti fu alla fine necessitato d'assicurargli, con statichi e con promesse, della dimanda la quale facevano. Da Turino il re, desideroso di stabilire la pace fatta, mandò al duca di Milano il marisciallo di Gies il presidente di Gannai e Argenton, per indurlo a parlamento seco, il che egli dimostrava di desiderare ma dubitare di qualche fraude; e o per questo sospetto, o forse studiosamente interponendo difficoltà per non ingelosire gli animi de' collegati, o per ambizione di condurvisi come non inferiore al re di Francia, proponeva di fare l'abboccamento in mezzo di qualche riviera, in sulla quale, essendo stabilito un ponte o con le barche o con altra materia, restasse tra loro uno steccato forte di legname: nel qual modo si erano altre volte abboccati insieme i re di Francia e di Inghilterra, e altri príncipi grandi di ponente.
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