E l'accendevano ancora gli stimoli degli oratori de' fiorentini, del cardinale di San Piero in Vincola e di Gian Iacopo da Triulzi, ritornato per questa cagione alla corte; in compagnia de' quali facevano la medesima instanza Vitellozzo e Carlo Orsino e dipoi il conte di Montorio, mandato per il medesimo effetto da' baroni che seguitavano le parti franzesi nel regno di Napoli; e ultimatamente vi andò da Gaeta per mare il siniscalco di Belcari, il quale dimostrava speranza grande di vittoria in caso che senza piú dilazione si mandasse il soccorso e, per contrario, che le cose di quel reame essendo abbandonate non potevano sostenersi lungamente; e oltre a questi una parte de' signori grandi, stati prima alieni dalle imprese d'Italia, confortavano il medesimo, per la ignominia che del lasciare perdere l'acquisto fatto risultava alla corona di Francia, e molto piú per il danno che tanta nobiltà franzese si perdesse nel reame di Napoli. Né si raffrenavano questi concetti per i movimenti i quali si dimostravano per i re di Spagna dalla parte di Perpignano, perché essendo apparati maggiori in nome che in fatti, e le forze di quegli re piú potenti alla difesa de' regni propri che all'offesa de' regni d'altri, si giudicava sufficiente rimedio l'avere mandate a Nerbona e nell'altre terre che sono alle frontiere di Spagna molte genti d'arme, non senza compagnia sufficiente di svizzeri.
Però convocati dal re nel consiglio tutti i signori e tutte le persone notabili che si trovavano nella corte, fu deliberato che con piú celerità che si potesse tornasse in Asti il Triulzio con titolo di luogotenente regio e con lui ottocento lancie dumila svizzeri e dumila guasconi, e che poco dopo lui passasse i monti con altre genti il duca di Orliens, e finalmente con tutte l'altre provisioni la persona del re; il quale passando potente, non si dubitava che aderirebbono alla volontà sua gli stati del duca di Savoia e de' marchesi di Monferrato e di Saluzzo, opportuni molto a fare la guerra contro al ducato di Milano; e che, dal cantone di Berna infuora, il quale aveva promesso al duca di Milano di non lo offendere, tutti i cantoni de' svizzeri andrebbono agli stipendi suoi con grandissima prontezza.
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