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      Afflisse sopra modo il pontefice la morte del duca di Candia, ardente quanto mai fusse stato padre alcuno nell'amore de' figliuoli, e non assuefatto a sentire i colpi della fortuna, perché è manifesto che dalla puerizia insino a quella età aveva avuto in tutte le cose felicissimi successi; e se ne commosse talmente che nel concistorio, poiché ebbe con grandissima commozione d'animo e con lacrime deplorata gravemente la sua miseria, e accusato molte delle proprie azioni e il modo del vivere che insino a quel dí aveva tenuto, affermò con molta efficacia volere governarsi in futuro con altri pensieri e con altri costumi: deputando alcuni del numero de' cardinali a riformare seco i costumi e gli ordini della corte. Alla quale cosa avendo data opera qualche dí, e cominciando a manifestarsi l'autore della morte del figliuolo, la quale nel principio si era dubitato che non fusse proceduta per opera o del cardinale Ascanio o degli Orsini, deposta prima la buona intenzione e poi le lagrime, ritornò piú sfrenatamente che mai a quegli pensieri e operazioni nelle quali insino a quel dí aveva consumato la sua età.
      Nacqueno in questo tempo dal movimento fatto per Piero de' Medici nuovi travagli in Firenze, perché poco dipoi venne a luce la intelligenza che egli v'aveva, per il che furono incarcerati molti cittadini nobili e alcuni altri si fuggirono; e poiché legittimamente fu verificato l'ordine della congiura, furono condannati alla morte non solo Niccolò Ridolfi, Lorenzo Tornabuoni, Giannozzo Pucci e Giovanni Cambi, che l'avevano sollecitato a venire, e Lorenzo a questo effetto accomodatolo di danari, ma eziandio Bernardo del Nero, non imputato d'altro che d'avere saputa questa pratica e non l'avere rivelata: il quale errore, che per sé è punito in pena capitale dagli statuti fiorentini e dalla interpretazione data dalla maggiore parte de' giurisconsulti alle leggi comuni, fece piú grave in lui l'essere stato, quando Piero venne a Firenze, gonfaloniere, come se fusse stato maggiormente obligato a fare uffizio piú di persona publica che di privata.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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