Si torna a discutere fra i collegati italiani dell'opportunità di cedere Pisa a Firenze. Obiezione e opposizione de' veneziani.
In questo anno medesimo Federigo re di Napoli, ottenuta la investitura del regno dal pontefice e fatta solennemente la sua incoronazione, recuperò per accordo il monte di Santo Angelo, che era stato valorosamente difeso da don Giuliano dell'Oreno lasciatovi dal re di Francia, e Civita con alcune altre terre tenute da Carlo de Sanguine; e cacciato, finita che fu la tregua, totalmente del regno il prefetto di Roma, si voltò a fare il simile del principe di Salerno: il quale finalmente, assediato nella rocca di Diano e abbandonato da tutti, ebbe facoltà di partirsi salvo con le sue robe; lasciata quella parte dello stato che ancora non aveva perduta in mano del principe di Bisignano, con condizione di darla a Federigo, subito che intendesse egli essere condotto salvo in Sinigaglia.
Nella fine di questo anno, essendo prima interrotta per le dimande immoderate de' re di Spagna la dieta che da Mompolieri era stata trasferita a Nerbona, si ritornò tra quegli re a nuove pratiche; militando pure la medesima difficoltà, perché il re di Francia era determinato di non acconsentire piú ad accordo alcuno nel quale si comprendesse Italia; e a' re di Spagna pareva grave lasciargli libero il campo di soggiogarla e pure desideravano non avere guerra con lui di là da' monti, guerra a loro di molta molestia e senza speranza di profitto. Finalmente si conchiuse tregua tra essi, per durare insino a tanto fusse disdetta e due mesi dappoi; né vi fu compreso alcuno de' potentati d'Italia.
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