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      Morí in questi tempi medesimi, lasciato uno piccolo figliuolo Filippo duca di Savoia; il quale dopo lunga sospensione pareva che finalmente avesse inclinato a' collegati, che gli avevano promesso dare ciascuno anno ventimila ducati: e nondimeno la fede sua era sí dubbia appresso a tutti che ancora essi, in caso che il re di Francia facesse potente impresa, non si promettessino molto di lui.
      Nella fine dell'anno medesimo il duca di Ferrara, passati già i due anni che aveva ricevuto in diposito il castello di Genova, lo restituí a Lodovico suo genero; avendo prima dimandato al re di Francia che secondo i capitoli di Vercelli gli restituisse la metà delle spese fatte in quella guardia. Le quali il re consentiva di pagare dandogli il duca il castelletto, come diceva essere tenuto per l'inosservanza del duca di Milano; a che rispondendo egli questa non essere liquidata, e che a costituire il duca di Milano in contumacia sarebbe stata necessaria la interpellazione, offeriva il re di deporle, acciocché innanzi al pagamento si vedesse di ragione se era tenuto a consegnargliene. Ma appresso a Ercole fu piú potente la instanza fatta in contrario da' viniziani e dal genero, movendolo non solo i prieghi e le lusinghe di Lodovico, che pochi dí innanzi aveva dato l'arcivescovado di Milano a Ippolito cardinale suo figliuolo, ma molto piú perché era pericoloso provocarsi la inimicizia di vicini tanto potenti, in tempo che quotidianamente diminuiva la speranza della passata de' franzesi; e però, avendo richiamato della corte di Francia don Ferrando suo figliolo, restituí a Lodovico il castelletto, sodisfatto prima da lui delle spese fatte nel guardarlo, eziandio per la porzione che toccava a pagare al re: donde i viniziani, per mostrarsegli obligati, condussono il medesimo don Ferrando agli stipendi loro con cento uomini d'arme.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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