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      Per la quale sentenza poiché si fu astenuto per qualche mese dal predicare, arebbe, se si fusse astenuto piú lungamente, ottenuta con non molta difficoltà l'assoluzione, perché il pontefice, tenendo per se stesso poco conto di lui, si era mosso a procedergli contro piú per le suggestioni e stimoli degli avversari che per altra cagione: ma parendogli che dal silenzio declinasse cosí la sua riputazione, o si interrompesse il fine per il quale si moveva, come si era principalmente augumentato dalla veemenza del predicare, disprezzati i comandamenti del pontefice, ritornò di nuovo publicamente al medesimo uffizio; affermando le censure promulgate contro a lui, come contrarie alla divina volontà e come nocive al bene comune, essere ingiuste e invalide, e mordendo con grandissima veemenza il papa e tutta la corte. Da che essendo nata sollevazione grande, perché i suoi avversari, l'autorità de' quali ogni dí nel popolo diventava maggiore, detestavano questa inubbidienza, riprendendo che per la sua temerità si alterasse l'animo del pontefice, in tempo massimamente che trattandosi da lui con gli altri collegati della restituzione di Pisa era conveniente fare ogni opera per confermarlo in questa inclinazione, e da altra parte lo difendevano i suoi fautori, allegando non doversi per i rispetti umani turbare le opere divine né consentire che sotto questi colori i pontefici cominciassino a intromettersi nelle cose della loro republica, si stette molti dí in questa contenzione: tanto che sdegnandosi maravigliosamente il pontefice, e fulminando con nuovi brevi e con minaccie di censure contro a tutta la città, fu finalmente comandatogli da' magistrati che desistesse dal predicare; a' quali avendo egli ubbidito, facevano nondimeno molti de' suoi frati in diverse chiese il medesimo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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