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      Sopra il quale processo, confermato da lui in presenza di molti religiosi, eziandio del suo ordine, ma con parole, se è vero quel che poi divulgorono i suoi seguaci, concise e da potere ricevere diverse interpretazioni, gli furono, per sentenza del generale di San Domenico e del vescovo Romolino, che fu poi cardinale di Surrento, commissari deputati dal pontefice, insieme con gli altri due frati, aboliti con le cerimonie instituite dalla Chiesa romana gli ordini sacri e lasciato in potestà della corte secolare; dalla quale furono impiccati e abbruciati: concorrendo allo spettacolo della degradazione e del supplicio non minore moltitudine d'uomini che il dí destinato a fare l'esperimento di entrare nel fuoco fusse concorsa nel luogo medesimo, all'espettazione del miracolo promesso da lui. La quale morte, sopportata con animo costante ma senza esprimere parola alcuna che significasse o il delitto o la innocenza, non spense la varietà de' giudici e delle passioni degli uomini; perché molti lo reputorono ingannatore, molti per contrario credettono o che la confessione che si publicò fusse stata falsamente fabricata o che nella complessione sua, molto delicata, avesse potuto piú la forza de' tormenti che la verità: scusando questa fragilità con l'esempio del principe degli apostoli, il quale, non incarcerato né astretto da' tormenti o da forza alcuna estraordinaria ma a semplici parole di ancille e di servi, negò di essere discepolo di quello maestro nel quale aveva veduto tanti santi precetti e miracoli.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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