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      La qual cosa benché fusse caldamente favorita dal duca di Milano, dimostrando a Federigo, con ragioni efficaci e poi con parole aspre, per mezzo di Marchesino Stanga, il quale mandò per questo a Roma e a Napoli imbasciadore, con quanto suo pericolo il pontefice, escluso di tale desiderio, precipiterebbe a congiugnersi col re di Francia, e ricordandogli quanta imprudenza e pusillanimità fusse, dove si trattava della salute del tutto, avere in considerazione la indegnità e non sapere sforzare se medesimo ad anteporre la conservazione dello stato alla propria volontà, nondimeno Federigo ricusò sempre ostinatamente: confessando che la alienazione del papa era per mettere in pericolo il suo reame, ma che conosceva anche che 'l dare la figliuola, col principato di Taranto, al cardinale di Valenza lo metteva in pericolo; e però de' due pericoli volere piú presto sottoporsi a quello nel quale si incorrerebbe piú onorevolmente, e che non nascerebbe da alcuna sua azione. Donde il papa, avendo voltato in tutto l'animo a unirsi col re di Francia, e desiderando che il medesimo facessino i viniziani, s'astenne per non gli offendere da favorire con l'armi i fiorentini.
      I quali, inanimiti per gli aiuti sí pronti del duca di Milano e per la fama della virtú di Paolo Vitelli, non erano per pretermettere cosa alcuna, se bene l'impresa fusse riputata difficile: perché, oltre al numero l'esperienza e l'animo de' cittadini e contadini pisani, aveano in Pisa i viniziani quattrocento uomini d'arme e ottocento stradiotti e piú di dumila fanti, ed erano disposti a mandarvi forze maggiori; non essendo manco pronti degli altri, per l'onore publico, a sostenere i pisani coloro che da principio avevano contradetto che si accettassino in protezione.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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