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      Alla quale proposta rispose il doge essere la verità che da' fiorentini non avevano ricevuta in questi tempi ingiuria alcuna, né essere il senato entrato alla difesa di Pisa per desiderio di offendergli ma perché, avendo i fiorentini soli in Italia seguitata la parte franzese, il rispetto dell'utilità comune aveva indotto tutti i potenti della lega a dare la fede a' pisani di aiutargli a difendere la libertà; e che se gli altri si dimenticavano della fede data non volevano essi, contro al costume della loro republica, imitargli in cosa tanto indegna: ma che se si proponesse qualche modo mediante il quale si conservasse a' pisani la libertà, dimostrerebbeno a tutto il mondo che né cupidità particolare né rispetto alcuno dello interesse proprio era cagione di fargli perseverare nella difesa di Pisa. Disputossi poi per qualche dí quale potesse essere il modo da sodisfare all'una parte e all'altra; né volendo o i viniziani o gli oratori fiorentini proporne alcuno, furno contenti che lo imbasciadore de' re di Spagna, che gli confortava alla concordia, si interponesse tra loro: il quale avendo proposto che i pisani ritornassino alla divozione de' fiorentini non come sudditi ma per raccomandati, e con quelle medesime capitolazioni che erano state concedute alla città di Pistoia, come cosa media tra la servitú e la libertà, risposeno i viniziani non conoscere parte alcuna di libertà in una città nella quale le fortezze e l'amministrazione della giustizia fussino in potestà d'altri. Donde gli oratori fiorentini, non sperando di ottenere cosa alcuna, si partirono da Vinegia assai certi che i viniziani non abbandonerebbono se non per necessità la difesa di Pisa, dove continuamente mandavano gente.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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