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      Di che diceva non essere necessario cercare gli esempli di altri: perché era fresca la memoria che l'essersi, l'anno mille quattrocento settantotto, aderiti a Ferdinando re di Napoli contro a' fiorentini, gli conduceva totalmente in servitú se Ferdinando, per la occupazione che Maumeth ottomanno fece nel regno di Napoli della città di Otranto, non fusse stato costretto a rivocare la persona di Alfonso suo figliuolo e le sue genti da Siena; senza che, per l'istorie loro potevano avere notizia che la medesima cupidità di offendere i fiorentini per mezzo del conte di Virtú, e lo sdegno conceputo per conto del medesimo Montepulciano, era stato cagione che da se stessi gli avessino sottomessa la propria patria. Le quali ragioni, benché vere, non essendo bastanti a reprimere l'ardore e gli affetti loro, non stava senza pericolo che dagli avversari suoi non si suscitasse qualche tumulto. Se non che egli, prevenendo, tirò allo improviso in Siena molti amici suoi del contado, e operò che nel tempo medesimo i fiorentini mandorono al Poggio Imperiale trecento uomini d'arme e mille fanti; con la riputazione delle quali forze raffrenato l'ardire degli avversari, ottenne che si facesse tregua per cinque anni co' fiorentini: i quali, preponendo il timore de' pericoli presenti al rispetto della dignità, si obligorono a disfare una parte del ponte a Valiano e a fare gittare in terra il bastione tanto molesto a' sanesi; concedendo oltre a questo che i sanesi, fra certo tempo, potessino edificare qualunque fortezza volessino tra il letto delle Chiane e la terra di Montepulciano.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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