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      Costrinseno alla fine queste difficoltà Carlo Orsino ad abbandonare co' suoi il passo di Montalone, non senza pericolo di essere rotti, perché, sapendosi non potervi piú dimorare, molti de' soldati de' fiorentini e degli uomini del paese, che stavano vigilanti a questa occasione, gli assaltorono nel cammino: ma essi, avendo già preso il vantaggio de' passi, benché perdessino parte de' carriaggi, si difeseno, e con danno non piccolo di quegli che disordinatamente gli seguitavano. L'esempio di Carlo Orsino fu, per le medesime necessità, seguitato da quegli che erano alla Vernia e a Chiusi, che abbandonati que' passi si ritirorono in Bibbiena, ove si fermorono il duca d'Urbino, l'Alviano, Astore Baglione, Piero Marcello proveditore viniziano e Giuliano de' Medici; riservatisi per guardia di quella terra, che sola tenevano in Casentino, sessanta cavalli e settecento fanti. Né gli sostentava altro che la speranza del soccorso, il quale i viniziani preparavano giudicando che, in quanto alla conservazione dell'onore e molto piú a farsi migliori le condizioni dell'accordo, importasse non poco il non abbandonare totalmente la impresa del Casentino: e però il conte di Pitigliano raccoglieva a Ravenna con gran prestezza le genti disegnate a soccorrerla, sollecitandolo le spesse querele del duca d'Urbino e degli altri; i quali, significando cominciare a mancare loro le vettovaglie, protestavano essere ridotti a mancamento tale di vivere che bisognerebbe che per salvarsi facessino presto patti con gli inimici.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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