E però, tardandosi di fare l'augumento de' quattromila fanti, ebbe tempo il conte di Pitigliano di venire a Castello d'Elci, castello del ducato d'Urbino vicino a' confini de' fiorentini, ove prima erano Carlo Orsino e Piero de' Medici, e ove si faceva la massa di tutte le genti per passare l'Apennino; le quali si ordinavano, come piú atte alla fortezza e alla penuria del paese, piú copiose assai di fanteria che di uomini d'arme, e questi piú presto con leggiera che con grave armadura. Fu questo l'ultimo sforzo che feciono i viniziani per le cose del Casentino. Il quale per interrompere, Pagolo Vitelli, lasciato leggieri assedio intorno a Bibbiena e la guardia necessaria a' passi opportuni, andò col resto delle genti alla Pieve a Santo Stefano, terra de' fiorentini situata al piede dell'alpi, per opporsi agli inimici nello scendere di quelle. Ma il conte di Pitigliano, avendo innanzi a sé l'alpi cariche di neve, e a piè dell'alpi l'opposizione potente e la strettezza de' passi, difficili, quando si ha ostacolo, non che altro ne' tempi benigni, a superare, non ardí mai di tentare di passare; con tutto che con gravi querele ne fusse molto stimolato dal senato viniziano, piú veemente, secondo diceva egli, a morderlo che sollecito a provederlo: e se bene gli fussino proposti disegni di qualche diversione, e già in Valdibagno fusse data qualche molestia alle terre de' fiorentini, non fece, per questo, momento alcuno.
Ma quanto piú procedevano fredde l'opere della guerra tanto piú riscaldavano le pratiche dello accordo, desiderato per diversi rispetti dall'una parte e dall'altra, ma non meno desiderato e sollecitato dal duca di Milano; il quale, spaventato per la lega fatta tra il re di Francia e i viniziani, sperava che, succedendo questa concordia, i viniziani desidererebbono manco la passata de' franzesi, e persuadendosi di piú che, sodisfatti in questo caso della volontà e opere sue, avessino, almeno in qualche parte, a mitigare l'indegnazione conceputa contro a sé. Però, interponendosi tra loro appresso a Ercole da Esti suo suocero, costrigneva i fiorentini a cedere a qualche desiderio de' viniziani, non tanto con l'autorità, perché appresso a loro, accortisi del suo disegno, cominciava già a essere sospetta la sua interposizione, quanto con lo accennare che, non si facendo la concordia, sarebbe necessitato, per il timore che aveva del re di Francia, rimuovere se non tutte almeno parte delle sue genti da' loro favori.
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