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      Accettò in protezione il marchese di Mantova, al quale dette la condotta di cento lancie, l'ordine di San Michele e onorata provisione: accettò similmente in protezione il duca di Ferrara; l'uno e l'altro de' quali era andato a lui personalmente, ma questo non senza spesa e difficoltà, perché, poi che ebbe consegnato a Lodovico Sforza il castelletto di Genova, era sempre stato tenuto d'animo alieno dalle cose franzesi: accettò oltre a questi in protezione, ma ricevuti danari da lui, Giovanni Bentivogli, che v'avea mandato Annibale suo figliuolo.
      Ma con maggiore spesa e difficoltà si composeno le cose de' fiorentini. A' quali, dimenticati i meriti loro e quello che per seguitare l'amicizia franzese avevano patito a tempo del re passato, era avversa quasi tutta la corte, non si accettando le ragioni che, per non si provocare contro nelle cose di Pisa Lodovico Sforza, gli aveano necessitati a stare neutrali: perché ne' petti de' franzesi poteva ancora la impressione fatta quando il re Carlo concedé la libertà a' pisani; anzi appresso a' capitani e agli uomini militari era cresciuta l'affezione, per la fama ampliata per tutto che e' fussino uomini valorosi nell'armi. Noceva oltre a questo a' fiorentini l'autorità di Gianiacopo da Triulzio il quale, aspirando al dominio di Pisa, favoriva la causa de' pisani, desiderosi di ricevere per signore lui e ogn'altro che avesse potuto difendergli da' fiorentini. I quali erano lacerati medesimamente, per tutta la corte, della morte di Pagolo Vitelli, come se senza cagione avessino decapitato uno capitano di tanto valore e al quale la corona di Francia aveva obligazione, perché il fratello era stato ammazzato ed egli fatto prigione mentre che erano nel regno di Napoli agli stipendi del re Carlo.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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