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      E come ebbono cessato di tirare, corsono subito i fanti e i cavalli, mescolati senza ordine o disciplina alcuna, per dare la battaglia; non avendo pensato in che modo avessino a superare uno fosso profondo, fatto da' pisani tra il muro battuto e il riparo che era lavorato di dentro; di maniera che, come lo scopersono, spaventati dalla sua larghezza e profondità, consumorono il resto del dí piú presto spettatori della difficoltà che assaltatori. Dopo il quale dí diminuí sempre la speranza della vittoria: parte perché avevano i franzesi, per la qualità de' ripari e per l'ostinazione de' difensori perduto l'ardire; parte perché, per le arti usate, si era ridesta l'antica inclinazione avuta da quella nazione a' pisani, in modo che, cominciando a parlare e a dimesticarsi con quegli di dentro, che continuavano la medesima offerta di darsi al re, pure che non ritornassino sotto il giogo de' fiorentini, ed entrando sicuramente molti di loro in Pisa e uscendone come di terra d'amici, difendevano per tutto il campo e appresso a' capitani la causa de' pisani; confortandogli similmente molti di loro a difendersi. E a questo, oltre a' franzesi, detteno animo assai Francesco da Triulzi luogotenente della compagnia di Gianiacopo e Galeazzo Palavicino che con la compagnia sua era nel campo franzese. Con l'occasione de' quali disordini entrò in Pisa, dalla parte di verso il mare, permettendolo quegli di fuori, Tarlatino da Città di Castello insieme con alcuni soldati esperimentati alla guerra, mandato da Vitellozzo in aiuto de' pisani; uomo allora non conosciuto ma che dipoi, fatto capitano da loro, perseverò insino all'ultimo con non piccola lode nella difesa di quella città. A queste inclinazioni, comuni cosí a' fanti come a' cavalli, succederono molti disordini, perché, desiderando di avere occasione di levarsi dalla impresa, cominciorono a saccheggiare le vettovaglie che si conducevano al campo; a' quali disordini non bastando a provedere l'autorità del capitano, moltiplicorno ogni dí tanto che finalmente i fanti guasconi tumultuosamente si partirno dall'esercito; l'esempio de' quali seguitorno tutti gli altri.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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