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      Aveva il Valentino condotto a' soldi suoi Dionigi di Naldo da Bersighella, uomo di seguito grande in Valdilamona, per opera del quale occupò senza difficoltà la terra di Bersighella e quasi tutta la valle; e avendo espugnata la rocca vecchia conseguí la nuova per accordo dal castellano, e sperò, per trattato tenuto dal medesimo Dionigi col castellano di Faenza, uomo della valle medesima e che lungamente avea governato lo stato di Astore, entrare nella rocca di quella città; ma venuto il trattato a luce, fu fatto prigione da' faventini. I quali, né sbigottiti per essere abbandonati da ciascuno né per la perdita molto importante della valle, avevano deliberato di correre ogni pericolo per conservarsi nella soggezione della famiglia de' Manfredi, dalla quale erano stati moltissimi anni signoreggiati; e però avevano atteso con grandissima sollecitudine alla fortificazione della terra. Dalla quale disposizione il Valentino non potendo rimuovergli né con promesse né con minaccie, si accampò alle mura della città tra i fiumi di Lamone e di Marzano, e piantò l'artiglierie a quella parte che è verso Furlí, la quale, benché circondata di mura, volgarmente si chiama il borgo, ove i faventini avevano fatto uno gagliardo bastione; e battuto che ebbe a sufficienza, massime al portone che è tra 'l borgo e la terra, dette il quinto dí la battaglia, dalla quale difendendosi valorosamente ridusse i suoi agli alloggiamenti con molto danno, tra' quali restò morto Onorio Savello. Né erano quieti gli altri dí, essendo infestato continuamente l'esercito dalle artiglierie di dentro, e perché gli uomini della terra, se bene non aveano se non piccolissimo numero di soldati forestieri, uscivano spesso ferocemente a scaramucciare.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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