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      Al quale matrimonio, molto indegno della famiglia da Esti, solita a fare parentadi nobilissimi, e perché Lucrezia era spuria e coperta di molte infamie, acconsentirono Ercole e Alfonso perché il re di Francia, desideroso di sodisfare in tutte le cose al pontefice, ne fece estrema instanza; e gli mosse oltre a ciò il desiderio di assicurarsi con questo mezzo (se però contro a tanta perfidia era bastante sicurtà alcuna) dall'armi e dall'ambizione del Valentino: il quale, potente di danari e di autorità della sedia apostolica e per il favore che aveva dal re di Francia, era già formidabile a una grande parte d'Italia, conoscendosi che le sue cupidità non avevano termine e freno alcuno.
      Continuava in questi tempi medesimi con grandissima sollecitudine il re di Francia di trattare la pace con Massimiliano Cesare, non solo per speranza di sollevarsi da spese e da sospetti, e ottenere da lui la investitura molto desiderata del ducato di Milano, ma eziandio per avere facoltà di offendere i viniziani; movendolo il sapere che a loro erano moleste le sue prosperità, e il persuadersi che secretamente si fussino affaticati per interrompere la pace tra Cesare e lui. Ma lo moveva piú la cupidità che, per se stesso e per gli stimoli de' milanesi, aveva di recuperare Cremona e la Ghiaradadda, cose state poco innanzi concedute loro da esso medesimo, e Brescia Bergamo e Crema, state già del ducato di Milano, e occupate da' viniziani nelle guerre che ebbeno con Filippo Maria Visconte. E per trattare piú da presso queste cose, e per fare le provisioni necessarie alla impresa di Napoli, aveva mandato molto prima a Milano il cardinale di Roano, la cui lingua e autorità era la lingua e l'autorità propria del re, il quale vi era dimorato piú mesi non avendo ancora potuto, per le spesse variazioni del re de' romani, fermare seco cosa alcuna.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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