E avuto da Siena munizione per l'artiglieria cominciorno a battere la cittadella, nella quale, secondo l'uso di molti, piú solleciti a edificare nuove fortezze che diligenti a conservare le edificate, era mancamento di vettovaglie e dell'altre cose necessarie a difenderla; e oltre a questo la serrorono con fossi e argini dal lato di fuora, per proibire che non vi entrasse soccorso: in modo che quegli di dentro, mancando loro le cose necessarie, e sapendo che le genti de' fiorentini guidate da Ercole Bentivogli, venute finalmente a Quarata castello vicino ad Arezzo, non ardivano farsi piú innanzi, disperati di avere soccorso, per necessità si arrenderono, il quartodecimo dí dal dí della ribellione con patto che, salvi gli altri, il vescovo con otto eletti dagli aretini rimanessino prigioni, per permutargli con alcuni de' loro cittadini che erano stati incarcerati in Firenze. Disfeciono gli aretini popolarmente la cittadella; e le genti fiorentine, temendo che Vitellozzo e Giampagolo, già piú potenti di loro, non andassino ad assaltargli, si ritirorono a Montevarchi, lasciata facoltà agli inimici di pigliare tutte le terre circostanti. Credesi che questo assalto fusse fatto senza partecipazione del pontefice e del Valentino, a' quali sarebbe stato molesto il ritorno di Piero de' Medici in Firenze per la congiunzione sua con Vitellozzo e con gli Orsini, i quali aveano già nell'animo, ma occultamente, di opprimere; e nondimeno, avendo sempre dato loro speranza del contrario, consentirono che Vitellozzo, Giampagolo e Fabio, soldati suoi, proseguissino questa impresa: anzi non dissimulorono poi d'avere ricevuto della ribellione di Arezzo sommo piacere, sperando dalle molestie de' fiorentini potere facilmente succedere o che essi acquistassino qualche parte del dominio loro o costrignerli in beneficio proprio a qualche dura condizione.
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