Ma nella partita sua di Italia cominciò, con somma ammirazione universale, a venire a luce quel che aveva trattato col duca Valentino; il quale, ammessagli la giustificazione delle cose di Arezzo, non solo avea ricevuto in grazia ma, ricevuta promissione e fede dal pontefice e da lui di aiutarlo, quando gli fusse di bisogno, nella guerra del regno di Napoli, gli aveva all'incontro promesso di concedergli trecento lancie per aiutarlo ad acquistare, in nome della Chiesa, Bologna e opprimere Giampaolo Baglioni e Vitellozzo: movendolo a favorire cosí immoderatamente la grandezza del pontefice o perché imprudentemente si persuadesse averselo a fare con tanti benefici sinceramente amico, e, stante questa congiunzione, niuno dovere ardire di tentare contro a lui in Italia cose nuove, o perché non tanto confidasse della sua amicizia quanto temesse della inimicizia. E si aggiugneva che contro a Giampaolo, Vitellozzo e gli Orsini aveva sdegno particolare, perché tutti aveano disprezzato i comandamenti suoi di levarsi dalle offese de' fiorentini; e Vitellozzo specialmente avea recusato l'artiglierie occupate in Arezzo, e oltre a questo, avendogli dimandato salvocondotto per andare sicuramente a lui e ottenutolo, aveva poi recusato di andarvi. Né reputava il re essere inutile alle cose sue che i capitani italiani fussino oppressi: senza che, o per l'astuzia del pontefice e del Valentino o per persuasioni di altri, avea cominciato a temere che questi medesimi e gli Orsini non aderissino finalmente e seguitassino gli stipendii de' re di Spagna.
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