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      Però il cardinale Orsino continuava le pratiche cominciate col pontefice, e Antonio da Venafro mandato da Pandolfo Petrucci andò a Imola a trattare col Valentino; col quale trattava medesimamente Giovanni Bentivogli, avendo nel tempo medesimo mandato Carlo degli Ingrati oratore al pontefice e fatte restituire le cose predate a Doccia. Le quali pratiche essendo con sommo artificio aiutate e nutrite dal Valentino, e giudicando Pagolo Orsino dovere essere mezzo opportuno a disporre gli altri, simulando di confidare molto in lui, lo chiamò a Imola: per sicurtà del quale il cardinale Borgia andò nelle terre degli Orsini. Con Pagolo usò il Valentino dolcissime parole, lamentandosi non tanto di lui e degli altri, che avendolo insino a quel dí servito con tanta fede si fussino per sospetti vani alienati sí leggiermente da sé, quanto della imprudenza propria, non avendo saputo procedere di maniera che avesse data loro causa di non ammettere queste vane dubitazioni; ma sperare che questa diffidenza, nata al tutto senza cagione, in luogo di inimicizia partorirebbe tra sé e loro perpetua e indissolubile congiunzione: perché ed essi già si dovevano accorgere che non potevano opprimerlo, poiché il re di Francia era tanto disposto a sostenere la sua grandezza, ed egli da altra parte, avendo meglio aperti gli occhi per la esperienza di questo moto, confessava ingenuamente di conoscere che dai consigli e dal valore dell'armi loro era proceduta tutta la sua felicità e riputazione. Però, desiderosissimo di ritornare nell'antica fede con loro, essere parato ad assicurargli in qualunque modo volessino, e a finire, purché con qualche sua degnità, le controversie co' bolognesi ad arbitrio loro.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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