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      I quali, insieme co' Savelli, avevano preso il Ponte a Lamentano e correvano per tutto il paese; ma si raffrenorono per la giunta di Valentino, il quale assaltò subito lo stato di Giangiordano, non avendo rispetto che egli, che non si era dimostrato contro a lui, avesse la condotta l'ordine di San Michele e la protezione del re di Francia e fusse allora nel reame di Napoli a' servigi suoi: di che si giustificava il pontefice col re, non muoversi per cupidità di spogliarlo del suo stato ma perché, essendo tante ingiurie e offese tra lui e la famiglia Orsina, non poteva averlo sicuramente sí propinquo; però essere contento di dargli in ricompenso il principato di Squillaci e altre terre equivalenti. E nondimeno il re, non accettando queste ragioni, si risentí molto di tale insulto, non tanto perché in lui potesse piú che il solito il rispetto della protezione quanto perché, non continuando piú nella prima prosperità le cose sue nel regno di Napoli, cominciava avere a sospetto l'ardire e la insolenza del pontefice e di Valentino; ritornandogli in memoria l'assalto dell'anno passato di Toscana, e quel che poi, contro alla sua protezione, nelle cose di Siena tentato avevano, e considerando che quanto piú avevano ottenuto, e per l'avvenire otterrebbono da lui, tanto era diventata e per diventare sempre maggiore la loro cupidità: e però mandò con aspra imbasciata a comandare a Valentino che desistesse da molestare lo stato di Giangiordano, il quale per vie incognite, non senza grave pericolo, s'era condotto a Bracciano.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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