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      I quali, passati da Messina a Reggio di Calavria, preso non molto prima dagli spagnuoli, essendo allora Obigní in altra parte della Calavria che quasi tutta si teneva per lui, andorno ad alloggiare a Losarno propinquo a cinque miglia a Calimera, nella quale terra due dí innanzi era entrato Ambricort con trenta lancie e il conte di Meleto con mille fanti: e presentativisi la mattina seguente in sul fare del dí, dove non erano porte ma solamente la sbarra, prese e morte prima le sentinelle, la espugnorono al secondo assalto, benché francamente si difendessino: dove restò morto il capitano Spirito, Ambricort prigione; e il conte di Meleto rifuggito nella rocca si salvò, perché i vincitori si ritirorno subitamente a Terranuova, temendo di Obigní, che con trecento lancie tremila fanti forestieri e dumila del paese si approssimava. Dopo il quale accidente, essendo Obigní fermatosi a Pollistrine castello propinquo, gli spagnuoli, mancando loro le vettovaglie, si partirno una notte occultamente per andare a Ghiarace; ma seguitati dalla gente di Obigní insino alla montata d'una difficile montagna, perderno sessanta uomini d'arme e molti fanti: benché de' franzesi vi morí, per essersi messo troppo innanzi, Grugní, uomo stimato assai da loro e che guidava la compagnia stata del conte di Gaiazzo, il quale poco dopo la espugnazione di Capua era morto di morte naturale.
      Sopravenne in questo tempo di Spagna in Sicilia un'altra armata, che condusse dugento uomini d'arme dugento cavalli leggieri e duemila fanti, che n'era capitano Porto Carrera; il quale essendo morto a Reggio, dove era passato con le genti, rimase la cura a don Ferrando d'Andrada suo luogotenente.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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