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      Ma gli spagnuoli, fatto pensiero diverso dal suo, il dí che deliberorono passare, mossono per la strada diritta la vanguardia, condotta da Manuel di Benavida, alla via del fiume, il quale giunto alla riva cominciò a parlare con Obigní, che aveva condotto tutto l'esercito suo in su la riva opposita; e in detto tempo la retroguardia spagnuola, seguitata dalla battaglia, si volse per altro cammino a passare il fiume un miglio e mezzo di sopra a Gioia. Del qual tratto accorgendosi Obigní si mosse con grande celerità e senza artiglieria, per giugnergli innanzi che tutti avessino passato: ma erano già passati tutti; e ordinatisi, benché senza artiglierie, in ferma e stretta battaglia si mossono contro a' franzesi, i quali, accelerando il cammino e avendo, come dicono alcuni, molto minore numero di fanti, andavano disordinati; in modo che presto gli roppeno, innanzi che passasse il fiume l'antiguardia spagnuola. Nel quale conflitto restò prigione Ambricort con alcuni altri capitani franzesi e il duca di Somma con molti baroni del regno; e Obigní, benché fuggisse nella rocca di Angitola, rinchiusovi dentro, fu costretto ad arrendersi prigione, rotto e preso in quegli luoghi medesimi dove pochi anni innanzi aveva con tanta gloria superato e rotto il re Ferdinando e Consalvo: tanto è poco costante la prosperità della fortuna. Né a lui, che fu de' piú eccellenti capitani che Carlo conducesse in Italia, e di ingegno libero e nobile, aveva nociuto altro che il procedere con troppa caldezza alla speranza della vittoria.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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