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      Perché se bene il Valentino, temendo la indegnazione del re, si fusse, quando ricevé il comandamento suo, astenuto da molestarlo, nondimeno il pontefice, dimostrandone dispiacenza grandissima, non avea mai cessato di fare instanza col re che o gli concedesse l'acquistare con l'armi tutti gli stati di Giangiordano o costrignesse lui a riceverne ricompenso, dimostrando muoverlo a questo non l'ambizione ma giustissimo timore della sua vicinità, perché, essendosi trovato nelle scritture del cardinale Orsino uno foglio bianco sottoscritto di mano propria di Giangiordano, arguiva che nelle cose trattate alla Magione avea avuto contro a sé la medesima volontà e intelligenza che gli altri Orsini. Nella qual cosa il re, avendo per fine piú l'utilità che l'onestà, avea proceduto diversamente secondo la diversità de' tempi, ora dimostrandosi favorevole come prima a Giangiordano ora inclinato a sodisfare in qualche modo al pontefice. Però, avendo Giangiordano ricusato di deporre Bracciano in mano dell'oratore franzese che risedeva a Roma, dimandò il re che questa controversia fusse rimessa in sé, con patto che Giangiordano si trasferisse fra due mesi in Francia né si innovasse insino alla sua determinazione cosa alcuna; alla qual cosa acconsentí Giangiordano per necessità, perché avea sperato per i meriti paterni e suoi dovere essere in tutto liberato da questa molestia, e il pontefice piú per timore che per altro, essendo stata fatta la domanda nel tempo che l'arciduca in nome de' re di Spagna contrasse la pace.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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