Faenza si dà ai veneziani. Il Valentino in potere del pontefice. Conferma della legazione pontificia in Francia al card. di Roano.
Le cose della quale provincia, piena di molte novità e mutazioni, tormentavano con vari pensieri l'animo del pontefice, conoscendosi per allora impotente a disporla ad arbitrio suo, e con difficoltà potendo tollerare che la grandezza de' viniziani vi si ampliasse. Perché, come in Romagna si era inteso la fuga del Valentino in Castel Santo Agnolo e l'essersi dissipate le genti che erano seco, quelle città che prima cupidamente l'avevano aspettato, perduta la speranza della sua venuta, cominciorno a prendere diversi partiti. Cesena era tornata alla divozione antica della Chiesa; Imola, essendo stato il castellano della rocca per opera di alcuni principali cittadini ammazzato, stava sospesa, desiderando alcuni il dominio della Chiesa altri desiderando di ritornare sotto i Riari primi signori. La città di Furlí, stata posseduta lungamente dagli Ordelaffi innanzi che per concessione di Sisto pontefice pervenisse ne' Riari, aveva richiamato Antonio della medesima famiglia; il quale, avendo prima tentato di entrarvi con favore de' viniziani ma dipoi temendo che essi, per occuparla per sé, non usassino il nome suo, ricorrendo a' fiorentini vi era ritornato con aiuto loro. In Pesero era ritornato Giovanni Sforza, in Rimini Pandolfo Malatesta; l'uno e l'altro chiamati dal popolo: ma Dionigi di Naldo, soldato antico del Valentino, richiesto dal castellano di Rimini andò in soccorso suo; però, essendosene fuggito Pandolfo, la città ritornò sotto il nome del Valentino.
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