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      Ma impotenti a difendersi da loro medesimi, perché i viniziani sotto Cristoforo Moro proveditore avevano accostato l'esercito e l'artiglierie alla terra e occupato i luoghi piú importanti del contado, ricercavano aiuto da Giulio già assunto al pontificato: al quale era molestissima questa audacia, ma essendo nuovo in quella sedia e senza forze e senza danari, né sperando aiuto né dal re di Francia né di Spagna, occupati in maggiori pensieri, e perché recusava di congiugnersi con alcuno di loro, non poteva provedervi se non
      con l'autorità del nome pontificale. La quale per fare esperienza quanto valesse appresso al senato viniziano, insieme col rispetto della amicizia tenuta lungo tempo da lui con quella republica, mandò il vescovo di Tivoli a Vinegia a lamentarsi che, essendo Faenza città della Chiesa, non si astenessino di fare questo disonore a uno pontefice il quale, innanzi che ascendesse a quel grado, era stato sempre congiuntissimo con la loro republica, e dal quale, salito ora a maggiore fortuna, potevano sperare frutti abbondantissimi della antica benivolenza.
      È credibile che nel senato non mancassino di quegli medesimi che avevano già dissuaso lo implicarsi nelle cose di Pisa, il ricevere in pegno i porti del reame di Napoli e il dividere col re di Francia il ducato di Milano, i quali considerassino quel che potesse partorire il diventare ogni dí molto piú esosi e sospetti a molti, e aggiugnere all'altre inimicizie quella de' pontefici; ma essendo stati i consigli ambiziosi favoriti da successi tanto felici, e però spiegate tutte le vele al vento sí prospero della fortuna, non erano udite le parole di quegli che consigliavano il contrario.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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