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      Restava solamente a' faventini il ricorso de' fiorentini: i quali, malcontenti che una città tanto vicina pervenisse in potestà de' viniziani, vi avevano da principio mandato dugento fanti e nutritigli con grande speranza di mandarvi altre genti, per dare loro animo a sostenersi tanto che il pontefice avesse tempo a soccorrergli; ma vedendo che il pontefice non era disposto a pigliare l'armi, e che né l'autorità del re di Francia, il quale aveva da principio confortato i viniziani a non molestare gli stati del Valentino, era bastante a raffrenargli, non volendo soli implicarsi in guerra con inimici tanto potenti, s'astennono dal mandare loro maggiori aiuti. Però i faventini, esclusi di ogni speranza, e avendo già l'esercito viniziano, il quale era alloggiato alla chiesa della Osservanza, cominciato a battere con l'artiglierie le mura della città, commossi ancora per essersi scoperto uno trattato e presi alcuni che avevano congiurato di mettere dentro i viniziani, dettono loro la città; i quali si convennono di dare ad Astore certa sovvenzione, benché piccola, per la sua vita. Avuta Faenza, i viniziani arebbono occupato facilmente Imola e Furlí, ma per non irritare piú il pontefice, che maravigliosamente si risentiva, mandate le genti alle stanze deliberorono per allora non procedere piú oltre: avendo occupato in Romagna, oltre a Faenza e Arimini co' suoi contadi, Montefiore, Santarcangelo, Verrucchio, Gattea, Savignano, Meldola, Porto Cesenatico, Russi e, del territorio d'Imola, Tosignano, Solaruolo e Montebattaglia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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