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      Cosí essendosi fermate le guerre per tutte l'altre parti d'Italia, non cessorono per ciò, al principio di quella state, secondo il consueto, l'armi de' fiorentini contro a' pisani. I quali, avendo condotti di nuovo a' soldi loro Giampagolo Baglione e alcuni capitani di genti d'arme Colonnesi e Savelli, e unite maggiori forze che 'l solito, gli mandorno a guastare le ricolte de' pisani; procedendo a questo con maggiore animo, perché non dubitavano dovere essere impediti dagli spagnuoli, non solo perché i re di Spagna non aveano nominati i pisani nella tregua, nella quale era stato lecito a ciascuno de' re nominare gli amici e aderenti suoi, ma perché il gran capitano, dopo la vittoria ottenuta contro a' franzesi, se bene prima avesse dato molte speranze a' pisani, era proceduto con termini mansueti co' fiorentini, sperando potergli forse succedere con queste arti il separargli dal re di Francia, e con tutto che da poi fusse escluso da questa speranza nondimeno, non volendo col provocargli dare loro causa che maggiormente si precipitassino a tutte le volontà di quel re, avea per mezzo di Prospero Colonna fatta, benché non altrimenti che con semplici parole, quasi una tacita intelligenza con loro che se accadesse che 'l re di Francia assaltasse di nuovo il reame di Napoli non l'aiutassino, e da altra parte che da lui non fusse dato aiuto a' pisani se non in caso che i fiorentini mandassino l'esercito con l'artiglierie alla espugnazione di quella città, la quale desiderava non recuperassino mentre che seguitavano l'amicizia del re di Francia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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