E dimostrandosi, oltre a quello che per l'ardente desiderio di ottenere Pisa si aspettava, la malignità della fortuna contro a' fiorentini, essendo andate le galee soldate da loro a Villafranca per pigliare una nave de' pisani carica di grani, nel ritornarsene, combattute da' venti appresso a Rapalle, furno costrette a dare in terra; salvandosi con fatica il capitano e gli uomini che le guidavano.
Aggiunsono i fiorentini alla esperienza dell'armi e del terrore, per non lasciare intentata cosa alcuna, l'esperienza della benignità e della grazia; perché con nuova legge statuirono che qualunque cittadino o contadino pisano andasse fra certo tempo ad abitare alle sue possessioni o alle sue case conseguisse venia di tutte le cose commesse, con la restituzione de' suoi beni. Per la quale abilità pochi sinceramente uscirno di Pisa, ma molti, quasi tutti persone inutili, con volontà degli altri se ne partirono, alleggerendo in uno tempo medesimo la carestia che premeva la città, e conseguendo comodità di potere in futuro con quelle entrate aiutare quegli che vi erano rimasti, come occultamente facevano.
Diminuirno per queste cose in qualche parte le necessità de' pisani, ma non perciò tanto che per la somma povertà e per la carestia non fussino in grandissime angustie; ma avendo ogni altra cosa meno in orrore che 'l nome de' fiorentini, se bene qualche volta titubassino gli animi de' contadini, deliberavano patire, prima che arrendersi, qualunque estremità. Perciò offersono di darsi a' genovesi, co' quali aveano combattuto tante volte dello imperio e della salute, e da' quali la potenza loro era stata afflitta anticamente.
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