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      Morte di Federigo d'Aragona. Morte di Elisabetta di Castiglia: disposizioni del suo testamento.
     
      Trattavasi in questo tempo medesimo strettamente la pace tra il re di Francia e i re di Spagna; i quali simulatamente proponevano che il regno si restituisse al re Federigo o al duca di Calavria suo figliuolo, a' quali il re di Francia cedesse le sue ragioni, e che al duca si maritasse la reina vedova nipote di quel re, che era già stata moglie di Ferdinando giovane d'Aragona. Né era dubbio il re di Francia essere alienato tanto con l'animo dalle cose del regno di Napoli che per sé arebbe accettato qualunque forma di pace, ma nel partito proposto lo ritenevano due difficoltà: l'una, benché piú leggiera, che pure si vergognava abbandonare i baroni che per avere seguitato la parte sua erano privati de' loro stati, a' quali erano proposte condizioni dure e difficili; l'altra, che piú lo moveva, che, dubitando che se i re di Spagna avendo altrimenti nell'animo proponessino a qualche fine con le solite arti questa restituzione, temeva che, consentendovi, la cosa non avesse effetto, e nondimeno alienarsi l'animo dello arciduca, il quale, desiderando di avere il regno di Napoli per il figliuolo, faceva instanza che la pace fatta altre volte da sé andasse innanzi. Però rispondeva generalmente, desiderarsi da sé la pace ma essergli disonorevole cedere le ragioni che aveva in quel regno a uno aragonese; e da altra parte continuava le pratiche antiche col re de' romani e con l'arciduca: le quali come fu quasi certo dovere avere effetto, per non le interrompere con la pratica incerta de' re di Spagna, dimostrando per maggiore suo onore muoversi per le difficoltà che toccavano a' baroni, chiamati a sé gli imbasciadori spagnuoli, e sedendo nella sedia reale presente tutta la corte, con cerimonie solenni e solite usarsi rare volte, si lamentò che quei re con le parole mostravano desiderio della pace dalla quale erano colla intenzione molto distanti; e perciò, non essendo cosa degna da re consumare il tempo in pratiche vane, essere piú conveniente che si partissino del regno di Francia.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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