Perché al re di Spagna, che cosí continuava per ancora il titolo suo, occupato ne' pensieri che gli succedevano per la morte della reina, bastava conservarsi per mezzo della tregua fatta il regno napoletano; e il re di Francia stava coll'animo molto sospeso, perché Cesare, seguitando in questo come nell'altre cose la sua natura, non aveva mai ratificato la pace fatta; e il pontefice, desideroso di cose nuove, non ardiva né poteva muoversi se non accompagnato dall'armi di príncipi potenti; e a' viniziani non pareva piccola grazia se in tante cose trattate contro a loro, e in tanto mala disposizione del pontefice, non fussino molestati dagli altri. L'animo del quale per mitigare aveano, piú mesi innanzi, offertogli di lasciare Rimini e tutto quello che dopo la morte di Alessandro pontefice aveano occupato in Romagna, purché consentisse che ritenessino Faenza col suo territorio; mossi dal timore che aveano del re di Francia e perché Cesare, ricercatone da Giulio, mandato uno imbasciadore a Vinegia, gli avea confortati che restituisseno le terre della Chiesa: ma avendo il pontefice, secondo la costanza del suo animo e la natura libera di esprimere i suoi concetti, risposto che non consentirebbe ritenessino una piccola torre ma che sperava di recuperare innanzi alla sua morte Ravenna e Cervia, le quali città non meno ingiustamente che Faenza possedevano, non si era proceduto piú oltre. Ma nel principio di questo anno, essendo divenuto maggiore il timore, offersono per mezzo del duca d'Urbino, amico comune, di restituire quel che aveano occupato che non fusse de' contadi di Faenza e di Rimini, se il pontefice, che sempre avea negato di ammettere gli oratori loro a prestare l'ubbidienza, consentisse ora di ammettergli.
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