Alla quale dimanda benché il pontefice stesse alquanto renitente, parendogli cosa aliena dalla sua degnità né conveniente a tante querele e minaccie che avea fatte, nondimeno astretto dalle molestie de' furlivesi degli imolesi e de' cesenati, che privati della maggiore parte de' loro contadi tolleravano grande incomodità, né vedendo per altra via il rimedio propinquo, poiché le cose tra Cesare e il re di Francia procedevano con tanta lunghezza, finalmente acconsentí a quel che in quanto agli effetti era guadagno senza perdita, poiché né con parole né con scritture non avea a obligarsi a cosa alcuna. Andorno adunque, ma restituite prima le terre predette, otto imbasciadori de' principali del senato, eletti insino al principio della sua creazione, numero maggiore che mai avesse destinato quella republica ad alcuno pontefice che non fusse stato viniziano; i quali, prestata l'ubbidienza con le cerimonie consuete, non riportorono per ciò a Vinegia segno alcuno né di maggiore facilità né d'animo piú benigno del pontefice.
Mandò in questo tempo il re di Francia, desideroso di dare perfezione alle cose trattate, il cardinale di Roano ad Agunod terra della Germania inferiore; nella quale, occupata nuovamente al conte palatino, l'aspettavano Cesare e l'arciduca. Alla venuta del quale si publicorno e giurorno solennemente le convenzioni fatte, e il cardinale pagò a Cesare la metà de' danari promessi per la investitura, de' quali doveva ricevere l'altra metà come prima fusse passato in Italia; e nondimeno e allora accennava e poco di poi dichiarò non potervi passare, l'anno presente, per l'occupazioni che avea nella Germania: onde tanto piú cessavano i sospetti delle guerre, perché senza il re de' romani non avea il re di Francia inclinazione a tentare cose nuove.
| |
Cesare Francia Vinegia Francia Roano Agunod Germania Cesare Cesare Italia Germania Francia
|