Fu grata molto al re questa richiesta del pontefice, parendogli avere occasione di conservarselo benevolo, perché sapendo essergli molto molesta la congiunzione sua co' viniziani cominciava a temere non poco che egli non facesse qualche precipitazione; e già non era senza sospetto che certa pratica tenuta da Ottaviano Fregoso per privarlo del dominio di Genova fusse con sua partecipazione: e oltre a questo riputava che il Bentivoglio, se bene fusse sotto la sua protezione, avesse maggiore inclinazione a Cesare che a lui. Aggiugnevasi lo sdegno suo contro a Giampaolo Baglione per avere ricusato, ricevuti che ebbe quattordicimila ducati, di andare a unirsi coll'esercito suo in sul fiume del Garigliano; e il desiderio di offendere, con l'occasione di mandare genti in Toscana, Pandolfo Petrucci, perché né gli aveva mai pagato i danari promessi, e si era del tutto aderito alla fortuna degli spagnuoli. Però prontamente offerse al papa di dargli aiuto; e all'incontro il papa gli dette brevi del cardinalato d'Aus e di Baiosa, e facoltà di disporre de' benefici del ducato di Milano, come già ebbe Francesco Sforza.
Le quali pratiche essendo conchiuse per mezzo del vescovo di Sisteron, nuovamente promosso all'arcivescovado d'Ais, che per questa cagione andò piú volte dall'uno all'altro di loro, nondimeno non fu sí pronta la esecuzione. Perché avendo il pontefice differito qualche mese a fare la impresa, accadde che Massimiliano, il quale, avendo rotto guerra al re d'Ungheria, aveva allentato il pensiere di passare in Italia, si pacificò di nuovo con lui, rinnovato il patto della successione: e ritornò in Austria, facendo segni e apparati che dimostravano volesse passare in Italia.
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