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      Ritornò di Francia a Genova subitamente, intese queste alterazioni, il governatore con cento cinquanta cavalli e settecento fanti, ma non potette, né con la autorità né con le persuasioni né con le forze, ridurre in parte alcuna le cose a stato migliore; anzi bisognandogli spesso accomodarsi alle volontà popolari, comandò che alcune altre genti che lo seguitavano ritornassino indietro. Da' quali princípi diventando la moltitudine continuamente piú
      insolente, ed essendo, come comunemente accade nelle città tumultuose, il reggimento, contro alla volontà di molti popolari onesti, caduto quasi interamente nella feccia della plebe, e avendo creato da se stessa per capo del suo furore uno magistrato nuovo di otto uomini plebei con grandissima autorità (i quali, acciò che il nome gli concitasse a maggiore insania, chiamavano tribuni della plebe) occuporno con l'armi la terra della Spezie e l'altre terre della riviera di levante, governate per ordinazione del re da Gianluigi dal Fiesco. Querelossi di queste insolenze al re in nome di tutta la nobiltà e per l'interesse suo proprio Gianluigi; dimostrandogli il pericolo manifesto di perdere il dominio di Genova, poiché la moltitudine era trascorsa in tale temerità che oltre a tanti altri mali aveva ardito, procedendo direttamente contro alla autorità regia, occupare le terre della riviera: essere facile, usando con celerità i rimedi convenienti, il reprimere tanto furore mentre che ancora non aveano fomento o sussidio da alcuno; ma tardando a provedervi, il male metterebbe, ogni dí piú, maggiori radici, perché la importanza di Genova per terra e per mare era tale che inviterebbe facilmente qualche principe a nutrire questo incendio tanto pernicioso allo stato suo, e la plebe, conoscendo quel che da principio era forse stato sedizione essere diventato ribellione, si accosterebbe a qualunque gli desse speranza di difenderla.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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