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      Dal quale successo essendo ripiena di incredibile terrore tutta la città, la quale governata secondo la volontà della infima plebe non si reggeva né con consiglio militare né con prudenza civile, mandorono due oratori nello esercito a trattare di darsi con capitoli convenienti; i quali, non ammessi agli orecchi del re, furono uditi dal cardinale di Roano, e da lui ebbono risposta che il re avea deliberato non accettargli se in lui non rimettevano senza altro patto assolutamente l'arbitrio di se stessi e di tutte le cose loro: ma mentre che trattavano con lui, una parte della plebe che recusava l'accordo, uscita tumultuosamente di Genova, si scoperse con molti fanti per i poggi e per il colle, che veniva dal Castellaccio, e si accostorono a uno quarto di miglio al bastione per recuperarlo; e avendo scaramucciato co' franzesi che erano usciti loro incontro, per spazio di tre ore, si ritirorono senza vantaggio di alcuna delle parti al Castellaccio. Nel quale tempo il re, dubitando di maggiore movimento, stette continuamente armato con molta gente a cavallo nel piano tra 'l fiume della Pozevera e l'alloggiamento dello esercito. E nondimeno la notte seguente, disperate le cose loro, ed essendo fama che i principali del popolo avevano composto occultamente col re insino quando era in Asti, lamentandosi la plebe di essere ingannata, il doge, con molti di quegli che per le cose commesse non speravano perdono e con quella parte de' pisani che vi era, si partí per andare a Pisa; e la mattina come fu dí, tornati in campo i medesimi imbasciadori, acconsentirono di dare la città alla discrezione del re: non avendo sostenuta


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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