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      Né si udivano minori le querele de' baroni di ciascuna delle parti: perché a quegli che possedevano, oltreché malvolentieri rilasciassino gli stati, furono per necessità scarse e limitate le ricompensazioni, e a quegli altri si ristrigneva quanto si poteva, in tutte le cose nelle quali accadeva controversia, il beneficio della restituzione, perché quanto meno a loro si restituiva tanto meno agli altri si ricompensava. Partí con lui il gran capitano, ma con benivolenza e fama incredibile; e del quale, oltre alle laudi degli altri tempi, era molto celebrata la liberalità dimostratasi nel fare innanzi alla partita sua grandissimi doni; a' quali impotente altrimenti, vendé, per non mancare di questo onore, non piccola parte degli stati propri. Né partí il re da Napoli con molta sodisfazione tra il pontefice e lui: perché dimandandogli la investitura del regno, il pontefice denegava di concederla se non col censo con il quale era stato conceduto agli antichi re, e il re faceva instanza che gli fusse fatta la medesima diminuzione che era stata fatta a Ferdinando suo cugino e a' figliuoli e a' nipoti; dimandando l'investitura di tutto 'l regno in nome suo proprio, come successore di Alfonso vecchio, nel qual modo, quando era a Napoli, aveva ricevuto l'omaggio e i giuramenti, con tutto che ne' capitoli della pace fatta col re di Francia si disponesse che, in quanto a Terra di Lavoro e l'Abruzzi, si riconoscesse insieme il nome della reina. Credettesi che l'avere denegato il concedere l'investitura fusse cagione che 'l re recusasse di venire a parlamento col pontefice, il quale essendo stato nel tempo medesimo piú dí nella rocca d'Ostia si diceva esservi stato per aspettare la passata sua.


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Storia d'Italia
di Francesco Guicciardini
pagine 2094

   





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