Dipoi, quando bene il fare questa unione non fusse utile per il re di Francia, non siamo però sicuri che egli non l'abbia a fare. Non sappiamo noi quanto ora la paura ora la cupidità acciecano gli uomini? non conosciamo noi la natura de' franzesi, leggieri a imprese nuove, e che non hanno mai la speranza minore del desiderio? non ci sono noti i conforti e l'offerte, bastanti ad accendere ogni animo quieto, con le quali è stimolato contro a noi da' milanesi dal papa da' fiorentini dal duca di Ferrara e dal marchese di Mantova? Gli uomini non sono tutti savi, anzi sono pochissimi i savi; e chi ha a fare pronostico delle deliberazioni d'altri debbe, non si volendo ingannare, avere in considerazione non tanto quello che verisimilmente farebbe uno savio quanto quale sia il cervello e la natura di chi ha a deliberare. Però, chi vuole giudicare quello che farà il re di Francia, non avvertirà tanto a quello che sarebbe ufficio della prudenza quanto che i franzesi sono inquieti e leggieri, e soliti a procedere spesso piú con caldezza che con consiglio. Considererà quali sieno le nature de' príncipi grandi, che non sono simili alle nostre, né resistono sí facilmente agli appetiti loro come fanno gli uomini privati; perché assuefatti a essere adorati ne' regni suoi, e intesi e ubbiditi a cenni, non solo sono elati e insolenti ma non possono tollerare di non ottenere quello che gli pare giusto (e giusto pare ciò che desiderano), persuadendosi di potere spianare con una parola tutti gli impedimenti e superare la natura delle cose; anzi si recono a vergogna il ritirarsi per le difficoltà dalle loro inclinazioni, e misurano comunemente le cose maggiori con quelle regole con le quali sono consueti a procedere nelle minori, consigliandosi non con la prudenza e con la ragione ma con la volontà e alterezza: de' quali vizi comuni a tutti i príncipi, non sarà già alcuno che dica che i franzesi non partecipino.
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